"LE INTERVISTE DI CONDIVIDENDO": Intervista ai ricercatori che hanno scoperto un calendario dell’Età del Rame in Val Camonica.

Cari Condividendi,
l’esperimento delle interviste continua. Questa volta Condividendo prova a carpire qualche informazione intervistando due dei quattro ricercatori che hanno dato origine al volume “UN CALENDARIO PER GLI UOMINI DELL’ETÀ DEL RAME. UN ANTICO OSSERVATORIO ASTRONOMICO”, che sarà presentato il 20 settembre 2008 a Ceto (all'agriturismo San Faustino). Si tratta di Giuseppe Brunod e Giuseppe Veneziano, dell'Osservatorio astronomico di Genova.
Se volete sapere qualcosa riguardo all’appuntamento del 20 e 21 settembre, potete collegarvi a http://condividendointondo.blogspot.com/2008/09/un-antico-osservatorio-astronomico.html#links . L’evento sembra interessante, ed io conto di assistervi.
Ora veniamo ai nostri ricercatori e vediamo che cosa ci raccontano della loro scoperta.

A presto. Lois


LOIS: Come avete scoperto il sito sul quale compiere nuove indagini astronomiche?

GIUSEPPE: Il sito era già stato scoperto. Noi ci siamo tornati dopo le osservazioni di Mario Codebò e collaboratori. La rivisitazione del sito è frutto di incredibili circostanze casuali. Consigliamo una lettura del sito degli archeoastronomi genovesi che hanno fatto, prima di noi, un eccellente lavoro.
http://www.archaeoastronomy.it/indagine_archeoastronomica.htm

LOIS: Allora racconta com’è andata!

GIUSEPPE: Dobbiamo fare un passo indietro. Piero Barale, che è un ricercatore in provincia di Cuneo, ha indagato specialmente i siti romani di Pollenzo e Benevagienna. Un giorno si trovava all'inaugurazione del Museo cittadino di Benevagienna. Mi telefona una domenica dicendomi di andare su alla svelta. Io stavo mangiando e non capivo cosa ci fosse di tanto importante per interrompere il pranzo.
Ma essendo Piero Barale una persona seria ed escludendo uno scherzo, smisi di mangiare e mi recai di corsa al Museo di Benevagienna. La sorpresa fu davvero enorme. La luce proveniente da una finestra del Museo illuminava la roccia, risaltando un grafo diverso dalle solite sculture romane. Una pietra romana è incisa con il nome di una fanciulla morta in giovane età. La fanciulla si chiamava Domitilla. La scritta dedicatoria è incisa sul frontone di un tempio che racchiudeva la scritta funebre, ma aveva uno strano tetto. Esso di fattura alquanto diversa dal solito frontone era stato scavato con la selce e molto sottile assomigliava in modo impressionante alle figure incise nei massi della Valcamonica. Quella domenica mi scordai di mangiare e cominciai ad osservare le figure camune paragonandole a quella di Benevagienna, che si trova in provincia di Cuneo. Conclusi che quella figura doveva essere la prima incisa sulla pietra che rimase piantata per 3000 anni sul terreno fino al giorno che un romano, morta la figlia, la fece scolpire con il suo nome. Domitilla aveva dormito 2000 anni ed ora ci indicava la strada per una scoperta eccezionale. La cultura dell'età del Rame era arrivata fino alla provincia di Cuneo. Trovando il sito dove la pietra era stata trovata e portata in Museo avremmo trovato un insediamento dell'età del Rame anche in Provincia di Cuneo.

LOIS: Allora come continua l'avventura?

GIUSEPPE: Piero Barale preparò una lettera da mandare al Sindaco e alla Soprintendenza, come si usa in caso di scoperta di reperti, ed io mi concentrai sulla Valle Camonica. Il 25 agosto 2004 mandammo insieme una relazione tecnica della scoperta all'allora sindaco di Benevagienna dott. Sergio Gazzera.
Poi io mi recai in Valle Camonica, in quanto volevo misurare le dimensioni del grafo camuno. Pertanto mi preparai un'asta (palina) da geometri per appoggiarla alla roccia, per fare le foto con un riferimento metrico fisso.

LOIS: Che cosa successe in Valle Camonica?

GIUSEPPE: Qui il caso ha di nuovo rimescolato le carte.
Quando arrivo vado di solito dalla mia amica Daniela, che possiede un agriturismo in Pescarzo, molto bello e rustico. Al mattino lei mi invita a pranzo a casa sua e, poiché prepara delle squisite torte, indugiammo a lungo in assaggi e chiacchiere, a queste seguirono con calma caffè e grappa. L'ora della salita a Paspardo si spostava sempre di più. Salimmo al Capitello dei due pini con la Jeep di Daniela. Verso le 16 eravamo sul posto ed il Sole che nasce in quel posto verso le 13,30 stava già a metà della sua corsa nel cielo. Non sapendo dove posare la palina la Daniela la posò sulla pietra verticale sulla quale è incisa la figura. Qui avvenne la chiara visione di quello che poi, riflettendo, divenne la nostra scoperta. Alzando gli occhi alla roccia, in quando ero intento a posare le attrezzature fotografiche per terra, vidi l'ombra del Sole al tramonto disegnare l'asta sulla pietra ed inseguire le linee tracciate da 5000 anni sulla pietra. In quel momento stava riemergendo una pratica dimenticata per secoli.

LOIS: Spero che avrai ricordato la Daniela nel tuo libro.

GIUSEPPE: Certamente, io ho l'abitudine di citare tutti quelli che, a vario titolo, intervengono nelle ricerche. Non capisco perché certi paludati professori non lo facciano, come se da soli riuscissero a fare tutto. Abbiamo sempre bisogno degli altri per fare qualsiasi cosa. Cancellarli, gli altri non serve, ma molti, più che ricercatori sono predatori. Un ricercatore invece è umile e riconosce i debiti con gli altri.

LOIS: Raccontami meglio come funziona la cosa.

GIUSEPPE: Appoggiando un’asta opportunamente inclinata al centro dei tre cerchi concentrici della “Roccia del Sole”, dai quali si dipartono i tre fasci di raggi divergenti, si è notato che l’ombra proiettata da tale asta si sposta al variare dell’ora e dell’anno all’interno dei due fasci esterni. Più precisamente, l’ombra si ferma in corrispondenza dei tre fasci, al tramonto del Sole nei tre momenti più particolari dell’anno. Al tramonto del solstizio invernale (21 dicembre, il giorno più corto dell’anno) l’ombra dell’asta tocca la riga più interna del fascio di sinistra. Al tramonto del Sole agli equinozi (21 marzo e 22-23 settembre) l’ombra generata dall’asta si ferma sulla linea centrale del fascio di centro. Al tramonto del solstizio estivo (21 giugno, il giorno più lungo dell’anno) l’ombra dell’asta tocca la riga più interna del fascio di destra.
Nella fotografia, l’ombra generata dall’asta quasi al tramonto del solstizio estivo, tocca la riga più interna del fascio di destra. L’ombra del Sole, che tramonterà qualche minuto più tardi (alle 19.43 ora locale estiva), si sovrappone infine esattamente sopra di questa stessa riga.

LOIS: Siete tutti astronomi?

GIUSEPPE: No, ci sono nel gruppo studiosi provenienti da diverse discipline.
Ma questa volta sembrerebbe una spiegazione plausibile ad una delle più enigmatiche incisioni rupestri della Val Camonica, quella della “Roccia del Sole”, situata nel famoso complesso incisorio del “Capitello dei Due Pini” a Paspardo (Brescia).
Il lavoro è stato fatto da quattro ricercatori, Giuseppe Brunod e Mauro Cinquetti del Centro studi e ricerche del Museo archeologico di Pinerolo (CeSMAP), Adalberto Pia dell’Osservatorio Astronomico Valpellice e Giuseppe Veneziano dell’Osservatorio Astronomico di Genova, provenienti dallo studio di discipline umanistiche i primi, e scientifiche i secondi.
Tutti hanno messo in comune le loro conoscenze e le loro esperienze nei relativi settori, arrivando, dopo quattro anni di studi, alla dimostrazione che uno dei simboli più arcani della Val Camonica poteva essere stato utilizzato dagli uomini dell’Età del Rame (IV-III millennio a.C.) come una “meridiana calendariale”.

LOIS: Il termine "meridiana" è esatto?

GIUSEPPE: No, in quanto le meridiane segnano le ore mentre invece questa segna le stagioni. Quindi è improprio chiamarla meridiana. Il grafo della Roccia del Sole, consistente in tre cerchi concentrici da cui si dipartono tre fasci di raggi divergenti verso il basso, è inciso su una parete verticale esposta all’osservazione di una catena montuosa dietro alla quale il Sole tramonta in punti via via diversi a seconda del variare delle stagioni.

LOIS: Dicevi prima che il sole nasce alle 13,30 com’è possibile?

GIUSEPPE: In quel punto è visibile solo alle 13,30 in quanto la parete molto alta quasi verticale rimane in ombra fino a mezzogiorno inoltrato.
I ricercatori, appoggiando uno stilo inclinato al centro dei cerchi concentrici, hanno notato che l´ombra da esso generato durante la giornata attraversava i fasci di linee fermandosi in loro corrispondenza all’ultimo raggio di sole, cioè alla sparizione dell’astro dietro la catena montuosa. È stato così possibile osservare che ogni fascio di linee dell’incisione corrispondeva esattamente alla posizione dell’ombra dello stilo nell’istante in cui il Sole tramontava nei periodi più salienti dell’anno: i fasci di linee laterali nei due solstizi (invernale ed estivo), e le linee centrali nei due equinozi (primaverile ed autunnale).

LOIS: Allora è una scoperta importante!

GIUSEPPE: Questa scoperta, che fa della Roccia del Sole probabilmente la più antica “meridiana calendariale” europea, costituisce un’innovazione nell’interpretazione di questo tipo di incisioni, dal momento che fino a pochissimo tempo fa queste erano relegate unicamente alla sfera espressiva ed artistica dell’uomo dell’antichità, essendo interpretate come rappresentazioni del Sole o di divinità ancestrali femminili con ornamenti. Questo nuovo studio rivela invece un uso più pratico delle incisioni, cioè la possibilità per gli uomini dell’antichità di misurare con esse la posizione degli astri nel cielo, e quindi lo scorrere dei tempi e delle stagioni al fine di poter programmare annualmente tutte quelle attività essenziali per la sopravvivenza delle antiche comunità: la caccia, la pesca, le semine ed i raccolti. Ma rivela soprattutto una profonda conoscenza del cielo, dovuta ad una costante pratica osservativa, una conoscenza che si credeva estranea a queste popolazioni che, in base a questi studi, ne escono pienamente rivalutate.

LOIS: Per quale motivo ci sono tre linee e non una soltanto?

GIUSEPPE: Come si è visto, l’ombra generata dall’asta al tramonto dei due tragitti estremi del Sole, cioè al solstizio invernale ed al solstizio estivo, tocca le linee più interne dei due fasci laterali (quelli di destra e di sinistra), ma non arriva mai a colpire le linee più esterne. Si è ipotizzato quindi che le due linee estreme di tali due fasci laterali possano essere correlati all’ombra generata dalla Luna durante i cosiddetti “Lunistizi”. La Luna, infatti, presenta un’orbita inclinata di circa 5 gradi rispetto al piano Terra-Sole, per cui essa raggiunge una declinazione (in altre parole un’altezza nel cielo) massima di +5 gradi rispetto al Sole quando è al solstizio estivo e una declinazione minima di –5 gradi rispetto al Sole quando è al solstizio invernale.

LOIS: Per questo si dice essere lunatici?

GIUSEPPE: Sì, perché il percorso lunare è un poco biricchino rispetto al Sole, sempre uguale nei millenni. La Luna, cioè, presenta un’ampiezza in cielo (o “amplitudine”) leggermente più grande di quella del Sole, e le due linee estreme dei fasci laterali dell’incisione potrebbero essere proprio quelle corrispondenti all’ombra generata dalla Luna quando il nostro satellite è alla declinazione massima (riga estrema di destra) e alla declinazione minima (riga estrema di sinistra). Ogni 18,6 anni avviene un particolare fenomeno (i Lunistizi, appunto) per cui la Luna, nel giro di 15 giorni, passa dalla sua altezza massima nel cielo a quella minima. Un fenomeno che deve aver impressionato i nostri lontani predecessori, tanto che numerose strutture megalitiche sono orientate proprio verso questi due estremi lunari. L’ultimo lunistizio è avvenuto nel settembre 2006, il prossimo avverrà quindi nel marzo-aprile del 2025. Questi sono i calcoli teorici. Dimostrare questa ipotesi anche sperimentalmente, così come abbiamo fatto per il ciclo solare, richiede però un periodo di tempo chiaramente maggiore, per cui nostro studio è andato in stampa riservandoci di pubblicare a posteriori un eventuale aggiornamento a questo riguardo.
Vorrei approfittare della tua gentilezza e di Condividendo-In-Tondo per ringraziare l'amico Alessandro Ramorino di Brescia per il lavoro di rilettura e cura della stampa, che è un lavoro umile ma preziosissimo per evitare errori nell'ultima fase prima della stampa. Il libro sarà pronto per il giorno 20 grazie al lavoro di rilettura delle bozze fatto dal nostro amico bresciano, che ha seguito anche l'elaborazione finale prima della stampa.
A noi piace lavorare fraternamente in gruppo dove ognuno dà il meglio delle sue competenze e dove ogni osservazione viene attentamente vagliata dagli altri membri del gruppo. L'etica e la correttezza sono una delle componenti fondamentali per un buon lavoro.

LOIS: Ti ringrazio per la bella spiegazione. Ha sicuramente aiutato tutti coloro che sono interessati a capire qualcosa di più sulla vostra scoperta.

GIUSEPPE: Grazie a Condividendo che ci ha permesso di condividere la nostra esperienza e, naturalmente, invito tutti alla lettura del libro e all’appuntamento a Paspardo il 20 e 21 settembre.